Dal 9 al 15 Ottobre si è tenuto a Bressanone l’ International Mountain Summit, una convention che ha permesso ai migliori alpinisti ed esperti di montagna provenienti da tutto il mondo di incontrarsi e confrontarsi sul tema della montagna.
L’ ottima organizzazione ha creato un ambiente gioviale ma professionale ideale sia per lo scambio di idee tra i luminari che per l’incontro delle stars dell’alpinismo col grande pubblico.
In pochi giorni si sono susseguiti convegni, serate esplicative e gite in montagna sullo sfondo dello scenario dolomitico.
Gli argomenti trattatati nei Camp sono stati: la tecnologia, la medicina e l’ ingegneria applicati all’ ambiente montano.
Ci occuperemo ora di approfondire nel dettaglio ciò che riguarda tecnologia e medicina.
MEDICINA DI MONTAGNA
L’ International Mountain Summit ha riunito luminari provenienti da tutto il Mondo che si occupano di medicina di montagna.
Personaggi del calibro di Jean Paul Richalet ed Erik Swenson hanno esposto il risultato di anni di studi dedicati alla medicina in alta quota.
Il Summit è stato occasione di incontro tra studiosi e ricercatori, magari meno in vista nel panorama mondiale, ma che possono, grazie alle loro scoperte, contribuire all’evoluzione di nuove prospettive.
Sotto questo aspetto merita un certo interesse la messa a punto di un metodo in grado di rilevare la perfusione cerebrale (la capacità del sangue di irrorare i tessuti) grazie all’utilizzo della spettroscopia nel vicino infrarosso.
La tecnologia NIRS ( Near InfraRed Spectroscopy ) grazie all’utilizzo di micro sensori posizionati a livello sottocutaneo in modo non invasivo permette di valutare il rapporto di perfusione tra sangue venoso e arterioso.
Il dispositivo potrebbe pertanto diventare un utile strumento diagnostico per rilevare e prevenire l’edema cerebrale che può essere causato dal mal di montagna.
La conferenza dedicata alla medicina è stata altamente specialistica e di difficile comprensione per il semplice profano.
In questa sede quindi tratteremo gli argomenti in modo generico in modo tale che l’amatore possa trarre informazioni utili.
Chiunque si rechi in Montagna sa per esperienza che l’ambiente alpino può essere tanto bello quanto ostile.
Quando andiamo per monti, qualsiasi sia la difficoltà del percorso che ci siamo prefissati, dobbiamo tenere presente che non stiamo passeggiando in centro città!
L’ambiente di montagna è estremamente variabile ed un minimo cambiamento climatico può rischiare di trasformarsi in tragedia se non siamo attrezzati in maniera adeguata: preparazione atletica, materiale tecnico che comprende sia un abbigliamento che un’attrezzatura vera e propria, cibo ed acqua devono sempre essere valutati prima di partire per la meta.
Dallo studio statistico presentato durante la conferenza è emerso infatti che una percentuale rilevante degli incidenti di montagna è dovuta ad una insufficiente preparazione.
Il 36,9 % degli incidenti nel periodo estivo è causato da mal di montagna acuto.
Vale a dire che coloro che si sono recati in quota non erano sufficientemente acclimatati rispetto al percorso scelto.
Attenzione!!! Per percorso scelto intendiamo QUALSIASI percorso scelto, anche 10 metri fuori dalla telecabina della funivia costituiscono un “ percorso di montagna”.
Non dimentichiamoci che 50 passi in montagna coi tacchi a spillo sono potenzialmente più pericolosi di una spedizione in Patagonia!
Qualcuno penserà: ma chi è che va in montagna coi tacchi a spillo???
Lei lo fa!
Ospite dell’IMS è stata Roberta Mancino.
L’atleta/modella, nonostante l’apparenza di vanità, è in realtà una preparatissima atleta di fama mondiale, una stant-woman che ha studiato nei minimi dettagli il potenziale letale di una simile impresa! ( DON’T TRY IT AT HOME! )
Torniamo al medicine camp:
Sebbene le Alpi non raggiungano quote estreme paragonate ad altre montagne del mondo possiamo anche qui essere esposti al rischio di mal di montagna acuto ( AMS: ACUTE MOUNTAIN SICKNESS).
Un aspetto sottovalutato da molti è infatti la velocità di ascesa che si ottiene con le telecabine: con questo mezzo in pochi minuti si possono raggiungere quote elevate e già dai 2500 m possono comparire i primi segni del mal di montagna.
Molti esponenti hanno approfondito l’argomento, questo è stato uno dei temi principali del dibattito.
Come possiamo riconoscerlo?
Mal di testa, vertigini, senso di stordimento, perdita dell’appetito, nausea e vomito possono comparire già dopo pochi minuti dall’ascesa.
Vi è capitato di avere tutti questi sintomi?
Non serve chiamare i soccorsi se li avete percepiti tutti insieme appena scesi dalla telecabina, interrompete la gita e tornate giù immediatamente, il vostro corpo non ha fatto in tempo ad adattarsi alla carenza di ossigeno e sta mettendo in atto una serie di meccanismi fisiologici in risposta all’ipossia ( carenza di ossigeno ).
Se invece vi trovate in un ambiente ostile, la telecabina non è 4 passi, magari siete in Perù sopra i 4000 m o in qualche altra landa desolata del pianeta allora il problema si fa più serio.
In questo caso la preparazione atletica e l’acclimatazione sono fondamentali.
Facciamo ora un po’ di chiarezza su cosa intendiamo con “preparazione atletica”
Un aspetto importante della preparazione atletica per ottenere un’acclimatazione é legato alla necessità di produrre un allenamento specifico alla quota e quindi allo sforzo in carenza di ossigeno.
A poco serve correre decine di chilometri al giorno in pianura per mesi e mesi, l’unico modo per prepararsi è soggiornare in quota il più possibile per permettere all’organismo un GRADUALE adattamento al nuovo ambiente.
Uno studio su atleti professionisti presentato durante la conferenza ha avvalorato questa tesi mostrando che la percentuale di atleti professionisti che possono sviluppare mal di montagna è circa uguale a quella dei non atleti in assenza di una preparazione specifica.
Questo processo prende il nome di acclimatazione e consiste nell’esposizione graduale da parte dell’organismo a soggiorni a quote via via maggiori e o per periodi sempre più lunghi.
La fase di acclimatazione dovrà essere quindi specifica per la quota che si vuole raggiungere, quanto più alta sarà l’altitudine prescelta tanto più lunga dovrà essere la fase di preparazione.
La conferenza ha mostrato che in media un periodo relativo di 4 settimane può essere sufficiente a permettere all’organismo questo adattamento ma la durata del soggiorno e l’ altezza vanno attentamente valutate a seconda del tipo di esperienza che si desidera effettuare.
Se proprio non è possibile recarsi in quota, esistono in commercio delle tende ipobariche.
Uno studio ha mostrato gli effetti di un acclimamento artificiale ottenuto tramite questo stratagemma, concludendo che si possono ottenere risultati simili, ma non della stessa qualità e non senza scomodità, rispetto ad un acclimamento effettuato in ambiente.
La tenda ipobarica infatti crea un ambiente umido e poco adatto al sonno, inoltre il nostro organismo si mantiene in uno stato di riposo, a meno che non troviamo il sistema di fare li dentro dell’attività fisica. (sauna inclusa nel prezzo!)
In conclusione dal summit è emerso che il miglior modo di prepararsi per andare in montagna è frequentarla più assiduamente e il più in alto possibile in relazione a quanto profonda è l’entità del nostro SpiritoMontano!
Quindi, continuate ad andare in Montagna se ciò veramente vi rende Felici.
Florian Langenscheidt ci ha regalato più di un’ora per raccontarci che il tempo dedicato a ciò che ci rende felici non ha prezzo!
Il maggior rimpianto di ogni centenario sopravvissuto su questo pianeta è di non aver dedicato abbastanza tempo a ciò che sapeva lo avrebbe reso felice. Se volete approfondire l’argomento vi consigliamo la lettura di Finde dein Glück.